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Oscuri segreti rivelati

Ho attraversato le barriere di mille controlli di sicurezza, di metal detector e accrediti magicamente spariti dalle liste, di buste di plastica in cui infilare i cellulari e posti riservati a nonsisabenechi, e tutto questo per voi. No, un momento: almeno, non solo. Alla fine mi son goduta la visione di Harry Potter e il Principe Mezzosangue, mio terzo libro preferito della saga sulla cui trasposizione filmica nutrivo in vero grandissime aspettative (visto quanti erano gli elementi che scalpitavo di veder concretizzati in immagini). Saranno state soddisfatte o tutto si è infranto sugli scogli di una cocente delusione, conscia del fatto che tre epic phail su tre dopo Prigioniero di Azkaban e Calice di Fuoco avrebbero potuto traumatizzarmi a vita?
Beh, qui non ve lo dirò perché potete benissimo leggere cosa ne penso nella recensione, che poi è la parte altruistica che la visione dell’anteprima implicava.

La trovate Smaterializzandovi a questo indirizzo:
http://www.cinemaevideogiochi.com/cinema-tv/fantasy/harry-potter-atto-sesto-oscuri-segreti-rivelati/

Ne giochi uno, ne compri dieci

Durante le vacanze natalizie ho finito Dead Rising e sono arrivata a buon punto con Mass Effect (finora molto carino, ma più per il bel senso di esplorazione ed avventura che sa creare con le quest secondarie che non per la trama, davvero piatta e banalotta), ma in compenso ho ricevuto in regalo/acquistato non meno di altri cinque giochi, senza contare il Time Hollow ordinato su Videogamesplus.
Sì, mi saboto da sola. No, la cosa non mi rende infelice. Per qualche assurdo motivo, sguazzare nei giochi da giocare mi manda in sollucchero, d’altronde “l’attesa del piacere è essa stessa piacere” o giù di lì, e forse ancor di più del piacere stesso, visto che non è detto che il gioco vero e proprio corrisponda all’immagine che me ne faccio.

Per comprendere appieno i giochi ricevuti in regalo/acquistati, bisogna preludere che dal 25 dicembre sono in possesso di questa:
Il Demonio è entrato in casa mia. Ma mi sarà molto utile, e chi vuol capire capisca. Ovviamente, avere una console senza che l’accompagni nessun gioco è un po’ un assurdo. Credo sia difficile avere una PSP senza adorabili esserini gialli, gommosi ed obesi che cantano melodie senza senso ad accompagnarla, dopotutto.

La cosa divertente è che avevo acquistato LocoRoco anch’io, per regalarlo a Fuoco, e invece me lo son ritrovato tra i regali del medesimo. In pratica, ci siamo scambiati lo stesso regalo.

Poi ci sarebbe questa sciocchezzuola. Sono semplicemente i cartoon con cui sono cresciuta, ma non temete: non è a causa loro se son venuta su così (non del tutto, almeno), quindi vedeteli anche voi se non l’avete già fatto. È un crimine non conoscerli. Grazie Fuoco per il cofanetto!

Questo, invece, l’avevo adocchiato da mesi al Ricordi Media Store, ma non avendo la macchina mi sembrava un tantino nonsense sborsare 50 euro per il gioco.

Non resistendo, ho già provato il primo stage e quel che ho da dire è:
1) Boia, è sempre iNiS!
2) Boia, che macello!

Il sistema di gioco è interessantissimo, degno della casa che più avanti realizzò Ouendan, ma richiede una coordinazione sopra l’umano. Il che, in un rhythm game (o sarebbe meglio dire proprio bemani, in questo caso), è un po’ da aspettarsi.

Spezziamo la catena dei videogiochi che giocherò tra cent’anni o forse più con un altro acquisto*.

 MwahahahahAHAHAHAHAH! *la risata continua, perdendosi in lontananza mentre la scena si dissolve*

Regalizie epifaniche:

Come dir di no, per 17 euro?

La cioccolata Ovomaltina è splendida. Sono quei sapori dell’infanzia che è impossibile dimenticare.

Per darmi un po’ alla cucina giapponese.

* Un “voucher” è una sorta di tagliando che serve a reclamare il biglietto d’ingresso vero e proprio, per chi non lo sapesse.

No, there’s no place like London

L’articolo risale a un po’ di tempo fa, ma il diabolico barbiere del mio amato Depp e dell’altrettanto idolatrato Burton (e di Sondheim, per non far torto a nessuno) non poteva esimersi dal fare una fugace comparsata sul mio blog. Eccovi l’attacco della mia recensione, scritta poche ore dopo l’anteprima stampa e di cui trovate il testo integrale su Wings of Magic: è la prima delle due nella stessa pagina.

Sweeney Todd è un musical. Non fugga chi tollera a malapena le storie scandite da canzoni e balli spensierati, però: la vicenda del diabolico barbiere di Fleet Street è sì raccontata in rime, enfatica e sopra le righe come ogni musical che si rispetti, ma le coreografie sono assenti, o meglio sono così discrete da sembrare gesti nati spontaneamente dal parossismo della passione.”

Continua…

Cool Guys: Dottor House

Da: Dr House Medicinae Doctor (ma no?!)
Vero Nome: Gregory House
Cool Quote: “You can think I’m wrong, but that’s no reason to quit thinking.”
Pro: Molti più di quanti non direste
Contro: Molti meno di quanti si sarebbe portati a credere

Solo perché gioca a Metroid Zero Mission e Prime Hunters durante le visite d’ambulatorio meriterebbe una statua alta cento metri con la mano che sembra tesa verso il futuro (cit. colta). Il resto non lo ripeto per l’ennesima volta perché tanto lo sanno benissimo tutti chi è e perché è un figo.

Cool-O-Meter: 9

Uno virgola ventuno gigawatt

Se non odio affatto i paradossi temporali, anzi li amo, il merito va in gran parte a lui, al primo glorioso Ritorno al Futuro. Cos’altro dire che non sia già risaputo riguardo a esso e ai suoi due sequel non saprei, a parte il fatto che per me sono sacri come possono esserlo la mamma, la nutella e la pizza margherita. Il primo è la storia di un confronto generazionale, di un passato che visto dagli occhi di un adolescente appare come la traslazione in una cornice d’epoca di tutto ciò che egli conosce, è la (ri)scoperta di un lato nascosto e insospettato della sua famiglia. Soprattutto però è un inno al nerdismo totale degli Eighties quanto dei Fifties e un’avventura sci-fi solida come roccia straordinariamente coerente entro le regole che stabilisce. Che icona pop pazzesca… il flusso canalizzatore, la DeLorean del tempo, le ottantotto miglia orarie: tutto di quel film è diventato di culto, ogni singola frase e ogni singola invenzione. Fa una certa impressione, devo ammetterlo, veder parlare estesamente altri di una cosa che da ragazzina pensavi di conoscere solo tu, perché eri abituata a ritrovarti con gente che al massimo sformava davanti ai telefilm con gli sfighi. Così come fa impressione reperire informazioni insospettate da Wikipedia e sentirsi parte di un culto che dentro di sé è nato più o meno all’uscita dei film. Io adoro i paradossi temporali, adoro il Doc Brown, adoro Marty McFly, adoro il flusso che flussa. Potrei rivederle Back to the Future altre cento volte senza stancarmi.

P.S. che dimostra l’intelligenza di Zemeckis e Bob Gale:

Q: Is there going to be a Back to the Future™ Part IV?
A: We have no plans or desires to make a Back to the Future Part IV. We think we’ve taken Doc and Marty through an odyssey that’s rounded them both out as complete characters and which also suggests they’ll both have fine futures; we’ve developed and executed almost every time travel idea that’s ever interested us, and we feel that another Back to the Future would only get stale and hackneyed. After five years, the filmmakers and the cast are all ready to try other things, and we prefer to end the series on a high note! We don’t have any plans for a Back to the Future Part IV. That’s not to say that there will never be one, but at the moment we don’t have plans for it and we’re not thinking about doing one.
[traduzione:
Ci sarà un Ritorno al Futuro Parte IV?
Non abbiamo il progetto né il desiderio di realizzare un Ritorno al Futuro Parte IV. Pensiamo di aver fatto vivere a Doc e Marty un’odissea che li ha resi dei personaggi a tutto tondo e che ha anche dato a intendere che avranno un avvenire radioso; abbiamo sviluppato e concretizzato praticamente ogni singola idea di viaggio nel tempo che ci interessava, e sentiamo che un altro Ritorno al Futuro sembrerebbe solo banale e stantio. Dopo questi cinque anni, lo staff e gli attori sono pronti a provare qualcosa di nuovo, e noi preferiamo concludere la serie mentre è ancora al suo meglio. Dunque non abbiamo progetti per un Ritorno al Futuro IV. Non vuol dire che non ce ne sarà mai uno, ma al momento non pensiamo di farlo.]

Da questa FAQ sulla serie di Ritorno al Futuro, lettura consigliata contenente le risposte degli autori alle domande che molti avrebbero sempre voluto porre e ad alcuni punti oscuri o di dubbio, inclusi i famigerati OMG tiem paradox! di cui parlavo prima.

Ah, Indy, Indy…

Cari Steven Spielberg e Harrison Ford,
    Sniffare colla fa male, lo sapevate?
    No, perché ho visto giusto ieri sera Indiana Jones e il Regno del Teschio di Cristallo e l’unica giustificazione che riesco a trovare è che in questi anni abbiate assunto sostanze stupefacenti dannose per il cervello. Oppure che sia tutta colpa dell’età, che nel vostro caso vi ha totalmente prosciugato del vostro entusiasmo giovanile senza compensare con la saggezza data dall’esperienza.
    Partiamo dal fatto che non ci fosse, invero, realmente bisogno di un nuovo episodio della saga cinematografica di Indiana Jones, che si concludeva a perfezione col finale de L’Ultima Crociata. Ma questo non sarebbe in sé un problema o un difetto: basterebbe muoversi con cognizione di causa e sforzarsi di richiamare alla mente quali processi creativi e quali orientamenti mentali vi avessero portato a costruire film d’avventura tanto maestosi e profondi, per quanto sempre e comunque divertenti. Sarebbe anche interessante la scelta di spostare in avanti l’ambientazione cronologica delle vicende, cambiando tutto il set di tematiche in gioco e i toni narrativi dai fumettoni rocamboleschi degli anni trenta al maccartismo paranoide dei Fifties, con la paura del Rosso non a caso concretizzata, nei film dell’epoca, in quella dell’alieno che si insinua lentamente nelle menti della gente perbene (paura abilmente citata nel discorso della altrimenti scialba villain Irina Spalko, che molto ricorda i terrificanti Ultracorpi od altri extraterrestri dediti al lavaggio collettivo dei cervelli). Non sono queste le cose cattive del film, un buon film visibilmente realizzato da professionisti del settore: tutto sta nel modo in cui le avete concretizzate. Questo, proprio come temevo, non è Indiana Jones. È una robetta d’azione fracassona che lo scimmiotta superficialmente, avendo anche l’ardire di mandare il personaggio out of character.
    Continuo testardamente a credere che un autore non possa davvero fraintendere la sua stessa creatura, nonostante tutte le dimostrazioni del contrario di cui la vostra non è che l’ultima nella lista. In quest’ottica metto già i primi minuti del film, che forse vogliono riprodurre la divagazione iniziale de Il Tempio Maledetto senza considerare minimamente che protagonista ne era, in quel caso, la spalla femminile di Indy per tutto il film. Qui, invece, vediamo una insulsa gara di velocità tra militari e giovanotti idioti che non compariranno mai più nella storia, preceduta dall’apparizione di una marmotta in mediocre computer grafica (la computer grafica in un Indiana Jones, ci rendiamo conto?!) che farà da arbitrario leit motiv per tutto il film. Quando Jones compare, inizialmente si resta male per il suo aspetto invecchiatissimo ed acciaccato, ma si impara a farci l’abitudine; l’espediente che usa per localizzare la cassa cercata dai Russi all’interno dello stesso magazzino de I Predatori, invece, già dovrebbe insospettire circa la qualità del resto della sceneggiatura, ben lungi da trovate affascinanti e tutto sommato attendibili come il mitologico sacchetto di sabbia per sostituire la statuetta d’oro, perché le parole d’ordine de Il Teschio di Cristallo sono “esagerazione gratuita” e “sequenze d’azione buttate lì”. Negando i punti di forza centrali della vecchia trilogia, motivazione ed organicità mancano pressoché del tutto nella sceneggiatura: se allora ogni scena era una fonte inesauribile di dettagli, pensata in tutti i minimi particolari al punto che, pure senza afferrarli tutti in una singola fruizione, si poteva accettare appieno quel che ci proponeva per quanto improbabile fosse, qui non si fa altro che pensare che qualcosa sia fuori posto, o che una trovata sia messa lì solo per fare effetto e immediatamente riposta non appena superata la data di scadenza. Per fare un paio di esempi, le formiche carnivore o le scimmiette (anche loro in computer grafica) che senza alcuna ragione plausibile decidono di dare una mano ai nostri nella sequenza delle jeep. Qualche buona idea (la scazzottata nel bar è carina, come è bella ma mal sfruttata la figura di Oxley) si fa strada con molta fatica qui e lì, come una sbiadita reminiscenza che ci riporta pur solo per un attimo indietro nel tempo, mentre il personaggio di Mutt Williams/Henry Jones III è sia ben inserito, una sorta di aggancio che lega il passato al “presente” della serie, sia ben trattato nella sua caratterizzazione, ma non basta a cancellare la sgradevole sensazione che tutta la pellicola sia schizofrenica, malamente in bilico tra le vecchie e rocambolesche avventure tra le vestigia di antichissime civiltà e il tentativo di contestualizzare meglio l’ambientazione accademica e cittadina già intravista nel terzo capitolo, che avrebbe meritato maggior attenzione. Dulcis in fundo, le suddette scene d’azione non lasciano l’ombra di un’emozione e i dialoghi sono indegni dell’eredità che avrebbero dovuto raccogliere, limitandosi giusto a qualche battutina infantile, che mai avrei voluto sentire in bocca a Jones, e ad un paio di citazioni. E vi assicuro che se non parlo del finale, che al solito non fornisce alcuna giustificazione per ciò che accade e ci rifila due risvolti raffazzonati e affrettati, è meglio.
    Il Regno del Teschio di Cristallo mi fa rabbia. È l’esempio di come prendere la prospettiva di un atteso ritorno, incorniciarla in un contesto assai promettente e poi sprecare quasi totalmente l’occasione. Se mi fa piacere vedere sulla scrivania di Indy le foto dei due illustri assenti (Jones senior e Marcus Brody, che Dio l’abbia in gloria) o riuscire a ritrovare qua e là un paio di momenti di aderenza al vecchio carattere del personaggio, per il resto rimango male a vedere come tutto sia così sopra le righe. Non ho nemmeno voglia di rivedermi i vecchi Indy, perché so che mi immalinconirei ancora di più: so soltanto che persino Il Tempio Maledetto, quello che dei tre mi piacque meno, gli è superiore. Da parte mia, un’affermazione del genere è pesante, molto pesante. Ma io non sono buona o indulgente come altri.

Ma sono passati settecento anni!

Almeno per Harrison Ford lo sembrano sul serio, nelle foto de Il Regno del Teschio di Cristallo: onestamente devo ammettere che vedere Indiana Jones così invecchiato mi fa tristezza, specie poi se ti permettono di fare confronti  ritrasmettendo i precedenti tre. Ho sempre adorato la trilogia originale, che rivedo a ritmo continuo sin da quando ero bambina con particolare preferenza per il primo e il terzo episodio, e con leggera predilezione verso Indiana Jones e l’Ultima Crociata su I Predatori dell’Arca Perduta, anche se veramente di pochissimo. L’Ultima Crociata ha di tutto di più, sebbene in realtà solo chi già conosce e ama la storia di Indy sia in grado di apprezzare appieno i suoi contenuti straripanti: il flashback sulla giovinezza del protagonista, l’eterogeneità delle ambientazioni, che passano da Venezia al Medio Oriente più disinvolte che mai, la comparsa del Dottor Jones senior, una presenza ancora maggiore dei cattivi per eccellenza, i nazisti. L’Arca Perduta è più compatto e ben ritmato da questo punto di vista e la ricerca ha in sé più fascino, ma mi piacevano e mi piacciono tuttora le ambientazioni europee de L’Ultima Crociata. E quante meraviglie, quante avventure mozzafiato! Ci si rende conto che un film è un grande film se capisci a grandi linee e ti innamori della storia anche quando ancora non puoi comprendere appieno tutto quel che succede o viene detto (come quando sei bambino, appunto) e l’altissima ricchezza di dettagli con tutte le chicche del caso. Man mano che vai avanti e cresci con questi stessi film, poi, trovi sempre qualcosa di nuovo, capisci sempre qualcosa in più della precedente volta in cui li hai visti: ho scoperto così, mano a mano e approfondendo la mia conoscenza della serie, che Indiana Jones è un personaggio nato sulla falsariga dei fumettoni avventurosi degli anni ’30 e dei romanzi di Salgari (mai letti, peraltro), e che ne riprende alla perfezione le atmosfere aggiungendovi un tocco di adorabile goffaggine (come definire altrimenti le volte in cui si ritrova con la pistola scarica nei momenti meno opportuni, tanto per fare un esempio? O il fatto che alla fine rimanga sempre a mani vuote?). Indiana Jones genera sogni ad occhi aperti e ha dato vita a un’intera generazione di emuli che ancora non accenna a concludersi, e che comprende esemplari andati abbastanza vicini a riprodurne quantomeno le sembianze, come i due La Mummia. Spero solo che Il Regno del Teschio di Cristallo riprenda là dove i capostipiti avevano lasciato, riproducendone l’intensità in salsa moderna invece di rifarsi agli inefficaci (o comunque molto meno efficaci) epigoni che da lì sono sorti. Questa sarebbe una delusione estrema per una cultrice come me e per un personaggio storico, ma provvederò comunque a riportare la mia opinione dopo che lo avrò visto il prossimo giovedì sera [pardon, mi correggo: venerdì sera. Grazie, Italia!]. Indy, mi raccomando: potrà essere l’ennesima impresa concusa senza riportarti a casa il trofeo che con tanta perseveranza ricerchi, ma non scordarti mai che la cosa più importante sono le emozioni che ci regali.
[Post scritto dopo la visione di Indiana Jones e l’Ultima Crociata, com’era logico supporre… ]

Trovi risibile Marco Pisellonio?


Anteriore di decenni alla satira religiosa ben più esplicita e assai meno elegante di roba tipo Dogma, Brian di Nazareth potrebbe ancor oggi dare ripetizioni sulla vera essenza del politically incorrect, di cui è portatore indomito ed esemplare grazie al genio visionario e alla fantasia scatenata di Terry Gilliam, autore dei titoli di testa a cartoni animati, e alle apoteosi nonsense (ovviamente riadattate allo humour italiano nell’edizione nostrana) degli attori del gruppo inglese dei Monty Python. Anziché accanirsi stupidamente e volgarmente sulle figure religiose, il gruppo inventa la figura del giovane sfortunato ebreo Brian Cohen, che si attira involontariamente addosso, come una calamita, tragicomiche catene di equivoci: alla nascita viene scambiato per Gesù dai tre Re Magi, che accortisi dell’errore si riprendono sgarbatamente tutti i regali e si incamminano verso la capanna oleografica, da presepe, che accoglie il futuro Salvatore. Diventato adulto, cioè non a caso trentatreenne, ascolta dalle retrovie un discorso del Cristo e si ritrova ad assistere a una rissa, poi viene trascinato dalla madre acida e isterica (Terry Jones) a una lapidazione per soli uomini cui partecipano unicamente donne con la barba finta. Entra a far parte di un gruppo di rivoltosi antiromani che ricordano più dei sindacalisti sessantottini e deve scrivere cento volte una frase in latino che aveva sbagliato. Viene preso per il Messia da una folla adorante e fugge a destra e a sinistra, da soldati e seguaci, in un crescendo angosciante che si conclude con una delle sequenze più irriverenti della Storia del cinema: crocifisso, Brian si sente cantare dall’intero Golgota (o qualcosa che vi somiglia in modo sospetto) la canzone “Always look on the bright side of life”. Guarda sempre il lato positivo della vita. Il suggello perfetto di un’opera intelligentissima, di quelle che fanno ridere fino alle lacrime senza mai farsi sorprendere con la testa vuota.


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Achtung spoiler

Sono stata avvertita dal Comitato Contro lo Spoiler Selvaggio che, se non avessi inserito questo avviso, dei ninja in tutù avrebbero visitato la mia cameretta per squartarmi con una lama da polso alla Altaïr. Ricordate dunque che, se temete spoiler, dovete stare molto attenti a leggere in depth o riflessioni personali sui miei giochi preferiti, in quanto qua e là rivelo cose importanti sulla loro storia. Se non avete giocato i titoli in questione, be very careful.

Last Game Pro issue

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Gioco a:
Layton Kyoju Vs. Gyakuten Saiban (3DS), L.A. Noire (PS3)

Leggo:
Il seggio vacante, Le cronache del ghiaccio e del fuoco, Il manga

Guardo:
Recuperi cinefili vari (ultimo visto: Ralph Spaccatutto), L'ispettore Coliandro